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la “colpa professionale” e la “colpa tecnica” del RSPPLa Corte di Cassazione ha raggiunto, con la sentenza n. 2814 del 27 gennaio 2011, una posizione che si può considerare definitiva circa la individuazione delle responsabilità penale del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) nel caso di un infortunio occorso ad un lavoratore presso una azienda nella quale lo stesso svolge il proprio compito di prevenzione.La “colpa professionale” e la “colpa tecnica” del RSPP si affianca alla “colpa generica” del datore di lavoro, nel caso in cui un infortunio sul lavoro sia derivato da una carenza di misura di sicurezza e sia legato a delle violazioni alla normativa in materia di sicurezza sul lavoro. La giurisprudenzaIn
parecchi casi si è verificato che degli RSPP hanno fatto ricorso
alla Corte di
Cassazione sostenendo che, nella sua qualità di responsabile del servizio
di prevenzione e protezione, era privo dei poteri di decisione e di spesa
in materia antinfortunistica. La Cassazione ha sostenuto che
Il mancato potere di decisione e di spesa non esclude il potere e
dovere del RSPP di segnalare la situazione di pericolo ai soggetti muniti
delle necessarie possibilità di intervento. Anche la segnalazione del pericolo con un cartello è stata ritenuta inadeguata, come si afferma esplicitamente in una sentenza, poiché "il cartello conteneva una prescrizione, non solo a prima vista piuttosto ermetica, ma che finiva per rimettere impropriamente al lavoratore, piuttosto che al datore di lavoro, una valutazione non agevole, da compiere per giunta di volta in volta, nella permanenza di una situazione di potenziale pericolosità”(estratto). Perché la responsabilità del Rspp?Dunque la responsabilità del Rspp, può derivare da insufficente perizia, da negligenza o da scarsa prudenza o ancora da non applicazione delle norme di legge, di buona pratica o discipline specifiche. In sostanza se il Rspp ha trascurato di segnalare una situazione di rischio, oppure ha dato un suggerimento non corretto in base al quale il datore di lavoro ha omesso l’adozione di una doverosa misura di prevenzione, risponde insieme al D.L. dell’evento dannoso che ne deriva. In questo senso si configura la colpa professionale.Si
configurano i reati di omissione dolosa e colposa di cautele contro
gli infortuni sul lavoro di cui agli articoli 437 e 451 del codice penale,
anche se l’omissione riguarda un singolo lavoratore, quando l'evento
dannoso o pericoloso è il risultato della azione di omissione. Ciò in
particolare dopo che il legislatore ha
inteso introdurre per le figure degli addetti e del responsabile del servizio di prevenzione e
protezione l’obbligo del possesso di capacità e di requisiti professionali
(D. Lgs. 23/6/2003 n. 195). Nel caso di infortunio mortale si può configurare e si è configurato il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica in danno di un lavoratore Questo non esime il D.L.Con ciò la Cassazione conferma che il Rspp non ha capacità immediatamente operative sulla struttura aziendale e che ha il compito di "aiutare" il datore di lavoro nella individuazione e segnalazione dei fattori di rischio delle lavorazioni e nella elaborazione delle procedure di sicurezza nonché di informare e formare i lavoratori.Si afferma nella sentenza della Corte di Cassazione - Sezione IV Penale - n. 1834 del 15 gennaio 2010: (http://www.sirsrer.it/public/legis/cass_pen_15_gen_2010_1834.pdf) “Con particolare riguardo alle funzioni che il Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 9, riserva al responsabile del servizio di prevenzione e protezione”, prosegue la Sez. IV, “l'assenza di capacità immediatamente operative sulla struttura aziendale non esclude che l'inottemperanza alle stesse - e segnatamente la mancata individuazione e segnalazione dei fattori di rischio delle lavorazioni e la mancata elaborazione delle procedure di sicurezza, nonché di informazione e formazione dei lavoratori possa integrare un'omissione "sensibile" tutte le volte in cui un sinistro sia oggettivamente riconducibile a una situazione pericolosa ignorata dal responsabile del servizio”. “Per altro verso”, conclude la suprema Corte, “considerata la particolare conformazione concepita dal legislatore per il sistema antifortunistico, con la individuazione di un soggetto incaricato di monitorare costantemente la sicurezza degli impianti e di interloquire con il datore di lavoro, deve, come si è detto, presumersi che, ove una situazione di rischio venga dal primo segnalata, il secondo assuma le iniziative idonee a neutralizzarla”.
Si
afferma con più chiarezza nella sentenza della
Corte
di Cassazione - Sezione IV Penale - n. 2814 del 27 gennaio
2011 “Quanto
detto, però”, prosegue la Sez. IV, “non esclude che, indiscussa
la responsabilità del datore di lavoro che rimane persistentemente
titolare della ‘posizione di garanzia’, possa profilarsi lo spazio per una
(concorrente) responsabilità del RSPP, per cui “anche il RSPP,
che pure è privo dei poteri decisionali e di spesa (e quindi non può
direttamente intervenire per rimuovere le situazioni di rischio), può
essere ritenuto (cor)responsabile del verificarsi di un infortunio, ogni
qualvolta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione
pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare,
dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito
l'adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative
idonee a neutralizzare detta
situazione”. Ma il Rspp è partecipe del reatoIn altri termini, ha precisato la Sez. IV “l'assenza di capacità immediatamente operative sulla struttura aziendale non esclude che l'eventuale inottemperanza a tali funzioni - e segnatamente la mancata o erronea individuazione e segnalazione dei fattori di rischio delle lavorazioni e la mancata elaborazione delle procedure di sicurezza nonché di informazione e formazione dei lavoratori - possa integrare una omissione rilevante per radicare la responsabilità tutte le volte in cui un sinistro sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa ignorata o male considerata dal responsabile del servizio”.La Responsabilità del Consiglio di AmministrazioneCorte
di Cassazione, sentenza n. 38991 del 4 novembre 2010 Massima:
anche in presenza di una delega di funzioni ad uno o più amministratori
(con specifiche attribuzioni in materia di igiene del lavoro), la
responsabilità penale è dell’intero Consiglio di Amministrazione se
la causa dell’evento mortale è dipesa da carenti scelte generali e
strategiche.
Stralcio:
<<Questa Corte, in plurime sentenze, ha già avuto modo di statuire
che nelle imprese gestite da società di capitali, gli obblighi inerenti
alla prevenzione degli infortuni e igiene sul lavoro, posti dalla legge a
carico del datore di lavoro, gravano indistintamente su tutti i componenti
del consiglio di amministrazione (Cass. 4^, 6280/2007,
Mantelli). Infatti,
anche di fronte alla presenza di una eventuale delega di gestione
conferita ad uno o più amministratori, specifica e comprensiva dei poteri
di deliberazione e spesa, tale situazione può ridurre la portata della
posizione di garanzia attribuita agli ulteriori componenti del consiglio,
ma non escluderla interamente, poiché non possono comunque essere
trasferiti i doveri di controllo sul generale andamento della gestione e
di intervento sostitutivo nel caso di mancato esercizio della delega. ...
(omissis) ... Nel caso di specie, come si evince dalla contestazione e
dalle emergenze della istruttoria dibattimentale esposte nelle sentenze di
merito, la violazione della disposizioni sull'igiene del lavoro erano
talmente gravi, reiterate e "strutturali", da richiedere decisioni di alto
livello aziendale non delegabili e proprie di tutto il consiglio di
amministrazione ed, in ogni caso, che non sottraevano i suoi componenti da
obblighi di sorveglianza e denuncia.Se ciò vale per i singoli componenti
del consiglio, a maggior ragione la posizione di garanzia rimane radicata
il capo all'amministratore delegato od al componente del comitato
esecutivo.>> |
Migliorare l’organizzazione o Evitare le sanzioni
?
In entrambi i
casi
la salute e la sicurezza delle persone che
lavorano
le qualità ambientale dei processi e dei prodottisono al centro della gestione aziendale Fare le cose bene
!
Che il Rspp sia interno all’azienda
(dipendente) o esterno (consulente), le
centinaia di pagine “fotocopia” di enunciazione di principi e i diagrammi
colorati non aiutano il miglioramento dell’azienda, anzi creano le
premesse di una più grave responsabilità in caso di
infortunio. Il Rspp deve operare con la stessa capacità analitica e lo stesso rigore con cui si opera nelle altre funzioni aziendali per ben funzionare. Quando
parliamo di modelli organizzativi non intendiamo sistemi diversi e
separati, ma componenti di un unico
sistema (quello aziendale) che devono essere sempre più integrate e
interdipendenti. Per questo: è
importante che
l’individuazione dei punti critici e l’analisi dei rischi
siano analitiche, ragionate, registrate e documentate, aggiornate nel
tempo e verificate con le persone della
organizzazione è
importante che le procedure siano il riflesso vivo del
funzionamento della organizzazione e ben integrate con i
comportamenti quotidiani delle persone, attivate in un sistema che
ne permette l’evoluzione ed il miglioramento sia funzionale che
organizzativo Il D.Lgs. 231/2001 e la responsabilità delle Società e degli Enti<<
Hanno responsabilità amministrativa le persone giuridiche, le
società e le associazioni anche prive di personalità giuridica per gli
illeciti amministrativi dipendenti da reati commessi nel suo interesse o a
suo vantaggio a)
da
persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di
direzione dell'ente o di una sua unita' organizzativa dotata di autonomia
finanziaria e funzionale nonche' da persone che esercitano, anche di
fatto, la gestione e il controllo dello stesso b)
da
persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di
cui alla lettera a). L'ente
non risponde se
prova che: a)
l'organo
dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione
del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire
reati della specie di quello verificatosi; b)
il
compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare
il loro aggiornamento e' stato affidato a un organismo dell'ente dotato di
autonomi poteri di iniziativa e di controllo; c)
le
persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di
organizzazione e di gestione; d)
non
vi e' stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di
cui alla lettera b). Viceversa
l’Ente e' responsabile se
la commissione del reato e' stata resa possibile dall'inosservanza degli
obblighi di direzione o vigilanza. I
modelli di organizzazione devono prevedere misure idonee a scoprire
ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio e devono rispondere
alle seguenti esigenze: a)
individuare
le attività nel cui ambito possono essere commessi
reati; b)
prevedere
specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l'attuazione
delle decisioni dell'ente in relazione ai reati da
prevenire; c)
individuare modalità di gestione
delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei
reati; d)
prevedere
obblighi di informazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare
sul funzionamento e l'osservanza dei
modelli; I reatiI reati possono essere compiuti su diversi piani: delitti contro la pubblica amministrazione, reati societari, delitti contro la personalità individuale, i comportamenti contrari alla tutela dell’ambiente, i fenomeni di corruzione nel settore privato, considerando anche i reati commessi all’estero. Hanno una importanza centrale anche i reati contro la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.Il modello organizzativoIl
modello organizzativo che esime la società dalla responsabilità
risponde a dei criteri omogenei per tutti i tipi di
reato: Il
sistema organizzativo:
deve essere chiaro e definito nelle sue funzioni e
articolazioni; Il
sistema di deleghe e di incarichi:
deve essere trasparente, adeguato nelle competenze e nei poteri di
intervento L’individuazione
dei punti critici e dei rischi:
si deve svolgere per ogni aspetto su cui l’azienda vuole garantire la
correttezza della propria gestione; particolare rilievo dovrà avere
la
salute e la sicurezza sul lavoro. Le
procedure:
devono essere predisposte per ogni aspetto anche operativo che possa
assumere criticità e devono essere costantemente aggiornate e monitorate;
Il
sistema di controllo:
il sistema di controllo deve avere adeguata autonomia, trasparenza di
criteri e possibilità verifica;
Il controllo dovrà essere particolarmente analitico sulla
gestione operativa della prevenzione. Metodi
e strumenti di informazione e di formazione del Personale sul
Modello organizzativo, e di addestramento alle procedure dovranno essere
messi in funzione e ne dovrà
essere verificata l’efficacia. Sistema AmbienteÈ lo strumento presente sul
mercato da oltre 16
anni, più completo, più
semplice e flessibile, più in grado
di rispondere rapidamente e
bene al metodo e agli obiettivi che un
sistema di gestione per la salute, la sicurezza e la qualità
ambientale deve avere, coerente con un modello organizzativo
responsabile e con i criteri della certificazione OHSAS 18001 e
ISO 14000.
Dei buoni motivi per scegliere “Sistema Ambiente” come sistema di gestione della salute, della sicurezza e della qualità ambientale.1)
il
metodo analitico: il metodo analitico identifica l’azienda in ogni sua
minima parte, ne evidenzia le caratteristiche e le funzioni e ne esamina
con adeguati indicatori i rischi. Il metodo analitico consente alle
persone dell’azienda di contribuire in modo diretto e semplice alla
individuazione dei problemi ed alla loro soluzione; 2)
la
gestione dei rischi: ci sono rischi, quali il rischio chimico, che
richiedono un monitoraggio costante e in tempo reale, una possibilità di
intervento mirato e rapido. La gestione di questi rischi deve essere ben
integrata nel sistema di gestione. 3)
La
gestione della formazione: la prevenzione e la qualità richiedono una
adeguata e costante formazione, una buona conoscenza delle procedure e dei
metodi; il sistema di gestione deve fornire questi elementi di formazione
in modo diretto e aggiornato; 4)
La
gestione sanitaria: la possibilità concreta del medico del lavoro di
verificare i luoghi di lavoro, di formulare i protocolli sanitari con
adeguata conoscenza dei rischi, con una buona pianificazione e una
possibilità di elaborazioni biostatistiche non
superficiali; 5)
La
configurazione di tutte le procedure, non solo di sicurezza e qualità, con
l’aggiornamento delle istruzioni operative, la loro articolata gestione e
pianificazione nelle singole unità aziendali, la registrazione storica di
tutti gli interventi e di tutte le misure; 6)
La
possibilità distribuita per tutti i lavoratori di formulare segnalazioni,
di consultare le schede di rischio e le istruzioni, di eseguire momenti di
autoformazione; 7)
La
condivisione dei dati tra tutte le funzioni aziendali e la conseguente
possibilità per tutti di contribuire a ragion veduta al miglioramento
aziendale; 8)
Un
sistema informativo e degli archivi già pronti, popolati di dati e
relazionati con le funzioni che permettono alla azienda i controlli
ambientali e l gestione delle ISO 14000 e 22000; |
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